Dalla scenotecnica alla street art: i mondi a colori di Fabio Leonardi
I mondi a colori di Fabio Leonardi
Dalla scenotecnica alla street art: i mondi a colori di Fabio Leonardi
Dall’epica alla favola, dalle immagini di Carosello alle suggestioni del quotidiano: tanti sono gli spunti per Fabio Leonardi, artista livornese che lascia tracce dei suoi mondi creativi nei teatri, nelle gallerie espositive, per le vie e sui muri della città.
La scorsa estate, lo incontrai per caso nel Parco di Arte Contemporanea del Centro Residenziale F. Basaglia di Livorno, storico luogo in cui si sperimenta il valore e la socialità dell’esperienza artistica. Era intento a dipingere una coloratissima tigre su un muro e invitò i miei due piccoli accompagnatori (di 2 e 5 anni) a esprimersi liberamente con gessetti colorati. Fu così che conobbi per la prima volta Fabio Leonardi.
Il suo è un tratto deciso e riconoscibile, colorato da tinte forti e da un umorismo vivace e giocoso. L’aria è quella di chi, creando, si diverte molto e non smette mai di sperimentare. Di certo, Fabio Leonardi, in questi anni, ha dato libero sfogo all’immaginazione, utilizzando le tecniche più disparate e attingendo a un percorso artistico variegato. Ha guidato gli allestimenti scenici di numerosi spettacoli teatrali, per lo più lirici, (Teatro Verdi di Pisa, Teatro Comunale di Volterra, Teatro Goldoni di Livorno), ha realizzato installazioni dal forte impatto visivo nelle recenti edizioni di Effetto Venezia, kermesse dell’omonimo quartiere livornese; si è espresso con opere pittoriche (ricordiamo Ascoltando Paolo Conte, personale dedicata al cantautore, presso il Teatro Goldoni di Livorno, 2012). In tutto questo, non ha mai smesso di dedicarsi all’illustrazione, al fumetto e alla grafica (tra le opere più recenti, quelle per i 150 anni dalla nascita di Pietro Mascagni, al Teatro Goldoni: novembre 2013-gennaio 2014) e ha colorato la sua città di murales, animandole di giungle, tigri e balene azzurre.
Oggi sta lavorando a nuovi progetti, nel suo laboratorio livornese, dopo un trasloco supportato dagli amici-artisti per il trasferimento di Pinocchi in legno, sirene, pirati... e molte altre creazioni. Nel frattempo, collabora con teatri, gallerie e scuole volgendo di tanto in tanto lo sguardo alla Francia dove immagina di approfondire la passione per l’illustrazione e il fumetto. Scopriamo con lui come ha avuto origine questo percorso artistico.
Fabio, il teatro è stato uno dei tuoi primi ambiti di espressione. Ancora oggi collabori stabilmente con il Goldoni di Livorno in veste di scenografo. Cosa ami di quel mondo?
Ho sempre mantenuto rapporti lavorativi con il teatro. La scenotecnica è ancora una di quei settori in cui l’Italia è maestra, un mondo dove è viva e percepibile l’abilità artigianale, a differenza di altri contesti europei dove la tecnologia è subentrata in modo netto, come all’Opéra di Parigi. Penso ai diversi meccanismi e alle pratiche che animano il teatro (carrelli, argani, corderia) come agli elementi di un vascello pronto ad affrontare le onde. Da quando lavoro per la messinscena, non riesco più a essere spettatore, sento il bisogno di vivere ciò che accade dietro le quinte. Di certo, questo mondo soffre, come l’arte in generale, della mancanza di investimenti. Un solo esempio: quelli che un tempo erano i fondali dipinti (per i quali Venezia era nota in tutto il mondo), molto spesso sono sostituiti da proiezioni. Eppure, il teatro resta il fiore all’occhiello della produzione artistica italiana.
Tu mantieni in ogni caso un rapporto stretto con il foglio e la matita, con il disegno che rappresenta peraltro una passione viva nella tua famiglia da generazioni. Sei convinto, come noi, che non esistano arti “minori” e citi spesso Lorenzo Mattotti come fumettista di riferimento. È così?
Sì, l’idea su foglio è il primo elemento espressivo, la traccia più immediata e veritiera di ciò che sei. Inoltre, il legame con il fumetto è riconoscibile in tutta la mia produzione. Quella che in Accademia a Firenze era considerata, a torto, qualche tempo fa, un’arte di serie B è in realtà una mia passione e un mio tratto caratterizzante. Oltretutto, come illustratore, da anni collaboro con il professor Gianfranco Barsotti che, dopo un trentennio da direttore del Museo di Storia Naturale di Livorno, oggi si occupa anche di pubblicazioni scientifiche e divulgative di argomento naturalistico. Quanto a Mattotti, lo ammiro molto e, prima o poi, lo raggiungerò in Francia.
Guardando le tue opere si ha l’impressione che tu ti diverta parecchio. Qual è il tuo legame con il gioco e il mondo dell’infanzia?
Proprio in questo momento ho un Pinocchio di legno vicino a me che mi parla di uno dei libri che ho amato di più, straripante di creatività. Collodi riuscì a condensare in quest’opera un’infinità di spunti. Con i bambini lavoro sempre con piacere: conduco dei laboratori, attività ludiche in cui si sperimenta il gioco creativo ma, ti dirò, sono io a imparare dai piccoli, a trarre ispirazione da quel “fare” spontaneo che ricorda quasi i Fauves. Credo che la sensibilizzazione all’arte in giovane età sia fondamentale, purtroppo non sempre trova l’adeguato contesto espressivo a scuola.
Passiamo al lavoro tra le vie della tua città. Per la kermesse Effetto Venezia, storico evento dell’estate livornese, hai realizzato un calcio balilla di 20 metri, con tanto di giocatori, posizionato in un fosso (2011); un cavallo di Troia alto 5 metri con cabinato nella pancia (2012); hai omaggiato la mitica trasmissione Carosello e lo Studio Armando Testa con i tuoi “Calimori” (2013). Inoltre, hai colorato di murales alcune vie. Qual è la percezione della street art da parte di Livorno?
Direi “aperta”. Livorno è una realtà antifrastica: in un certo senso, si offre come città neutra, con molti spazi vuoti, dal momento che dopo la seconda guerra mondiale è stata completamente ricostruita. Sono pochi i luoghi d’arte da conservare e molti quelli da arricchire. Qualche anno fa, proposi e realizzai la riqualificazione di Via della Cappellina nel quartiere Pontino: una zona multietnica a forte densità popolare, abbandonata a se stessa. L’intervento artistico in forma di murales ha permesso di dialogare con la città e con le famiglie di varia provenienza ed etnia che hanno risposto con grande affetto, partecipazione ed entusiasmo. All’interno di uno spazio stretto tra piccole vie, è nata una giungla a colori, con un forte contrasto visivo rispetto al grigio attorno. Ora la zona è frequentata da famiglie e bambini.
E di tutto ciò si parla anche a scuola, per esempio nel recente progetto europeo “Our street art” al quale ha aderito il Liceo Cecioni di Livorno. Tu partecipi a questa e ad altre iniziative artistiche presso numerosi istituti: tra l’altro, sei insegnante esterno di fumetto presso il Liceo Artistico Russoli di Pisa. Com’è il tuo rapporto con gli allievi?
Cerco di avviare gli studenti alla scoperta ed esplorazione delle tecniche, ma anche al fare creativo, ad usare la “parte destra del cervello”. A volte assegno loro delle vere e proprie committenze: termini e scadenze che li responsabilizzino e li portino a valutare con attenzione i tempi e le modalità delle varie fasi del progetto, dall’ideazione al compimento. Anche in questo caso, noto che i ragazzi si lasciano facilmente contagiare dall’arte se hanno modo di farne esperienza diretta.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Il nuovo sito web, una personale di pittura a Firenze e l’esplorazione di possibili territori d’arte, immaginari e reali. Sto prendendo contatti con la Francia e progetto nuove installazioni nel Nord Italia.
Ma per ora Fabio non ci vuole svelare dove. Starà pensando di portare il megaschermo di Carosello sui navigli milanesi?
In attesa di scoprirlo, ci gustiamo il video animato Il cielo è di tutti, realizzato da Fabio con Enrico Caroti Ghelli, per il brano del cantautore Bobo Rondelli, su testo di Gianni Rodari. A quanto pare, artista e cantautore sono molto amici e Bobo si è ispirato proprio a Fabio in un suo celebre brano dal titolo emblematico. A voi scoprire quale!
Video animato: https://www.youtube.com/watch?v=eAtncWq7fK4
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